La prima visita odontoiatrica: in cosa consiste?
La prima visita è una prestazione specialistica, che ha come fine l’indagine e valutazione della situazione clinica del paziente; richiede tempo e competenza, a volte maggiori di quelle necessarie per altri interventi, ed è sempre e comunque indispensabile, siccome si tratta del primo passo da affrontare per decidere se e quali altri lavori svolgere, nonché come programmarli.
Il dentista durante la visita verifica l’aspetto ed il funzionamento delle componenti della bocca, i tessuti molli (labbra, guance, palato, lingua, gengive) ed i tessuti duri (osso e denti); identificando eventuali infiammazioni, infezioni o traumi, nonché forme tumorali anche molto precoci, controllando i denti, uno alla volta, e sondando ogni fossetta e solco, valutando la presenza di carie, fratture anche piccole, vecchie otturazioni infiltrate o comunque difettose, protesi danneggiate o non più sorrette da denti sani.
Dalla visita si verifica l’occlusione, la posizione dei denti, ed il modo in cui chiudono tra loro; se opportuno, si può controllare anche il funzionamento dell’articolazione.
La conclusione della visita è la spiegazione del quadro clinico: il medico riferisce al paziente il suo stato di salute, illustrando ogni problema, le sue cause, le potenziali conseguenze del non trattarlo, e quali tipi di terapie si possono programmare per risolverlo, ciascuna con i suoi pro e contro che verranno valutati assieme per scegliere la strada migliore.
Perché e ogni quanto ripetere la visita dentistica
E’ buona norma farsi controllare del proprio dentista ogni sei mesi.
Anche si pensa di avere una bocca in piena salute, perché non si ha nessun fastidio, né si vedono difetti allo specchio, è possibile che ci siano piccoli problemi in fase iniziale, che non danno sintomi, ma che, se lasciati a sé stessi, potrebbero peggiorare: ad esempio piccole carie sui molari, che sono praticamente invisibili allo specchio, e insensibili, ma anche il tartaro dietro agli incisivi inferiori, che si forma progressivamente, e non si riesce a vedere quasi mai, né a volte si distingue al contatto con la lingua.
Il controllo periodico serve proprio a intercettare appena possibile questi problemi sul nascere, in modo da correggerli quando sono ancora piccoli, invece di doversene occupare una volta che abbiano raggiunto una gravità maggiore.
La pulizia dei denti
La rimozione di placca e tartaro si esegue con la pulizia dei denti (in gergo “seduta di igiene orale” o detartrasi), che oltre ad essere il primo passo di un piano cura completo, serve anche a bloccare il progresso della parodontite.
Molto spesso il deposito di tartaro sulla superficie interna dei denti inferiori non viene notato dal paziente, proprio perché nascosto, ed il persistere di questi accumuli per lunghi periodi facilita la loro estensione, inoltre si infettano con colonie batteriche che si impiantano sulla superficie ruvida, favorevole all’attacco, e soprattutto causano infiammazione sul parodonto (gengive in primo luogo);
i batteri che infiltrano il solco gengivale danneggiano in maniera diretta prima l’attacco della gengiva al dente, e poi, nei casi più trascurati, anche l’osso a cui è ancorata la radice.
Dopo la rimozione del tartaro rimangono tra i denti degli spazi vuoti, lasciati dalla discesa del bordo gengivale che è stato aggredito dai batteri e si è ritirato ad un livello più basso; la percezione è proprio quella di “buchi tra i denti”, come spesso viene riferita dal paziente dopo la pulizia dentale.
La giusta frequenza della pulizia dei denti
La pulizia andrebbe eseguita quando la quantità di tartaro, placca, macchie e/o sanguinamento gengivale è discreta, indipendentemente dal tempo trascorso dalla precedente seduta di igiene orale.
Normalmente l’intervallo ragionevole tra due pulizie successive è ogni 6 mesi, tuttavia ci sono casi nei quali la particolare aggressività dei batteri orali, e/o l’incapacità di mantenere una igiene sufficiente a casa con lo spazzolino, richiede una frequenza maggiore, portando l’intervallo ad ogni tre mesi quando esiste una predisposizione importante alla parodontite.
La giusta frequenza si determina durante le visite periodiche, osservando come cambia la situazione nel tempo, e quindi decidendo se mantenere l’intervallo prestabilito, ridurlo o addirittura incrementarlo; non esiste un valore corretto per tutti, ma quello più adatto per ogni persona, che tra l’altro può cambiare anche col tempo in base agli stili di vita.
Le carie
La carie è assolutamente asintomatica nelle fasi precoci; ciò non toglie che richieda comunque un intervento da parte dell’odontoiatra, in quanto non va -quasi mai- incontro a guarigione spontanea, ma piuttosto si aggrava col tempo, aumentando la quantità di dente distrutto.
Naturalmente i controlli periodici sono utili ad intercettare situazioni patologiche in uno stato il più precoce possibile, ma capita che in casi particolarmente trascurati si rilevino carie così estese, definite carie destruenti, che raggiungono una estensione tale da annientare l’intera superficie occlusale, e ridurre il dente ad un “moncone” cariato, a volte così danneggiato da richiederne l’estrazione, perché il tessuto rimasto sarebbe insufficiente a sostenere una ricostruzione o una corona.
La radiografia ortopanoramica
L’odontoiatra durante un controllo riesce ad esaminare solo le zone della bocca che sono visibili ad occhio nudo, ma non quelle nascoste/coperte (spazi interdentali, tasche gengivali, spessore osseo).
L’ortopanoramica (comunemente “panoramica”, ma anche OPT o “ortopantomografia”) è una radiografia necessaria per fare una diagnosi completa, a quasi tutte le età (nell’infanzia solo per casi particolari), anche per pazienti apparentemente sani, e rappresenta la situazione dell’intera bocca (denti superiori ed inferiori, mascella, mandibola, in parte i seni mascellari e l’articolazione temporo-mandibolare).
Grazie all’ortopanoramica diventa possibile vedere carie nascoste tra un dente e l’altro, misurare il livello dell’osso attorno alla radice dei denti, cercare la presenza di tartaro sulle radici dentali in zone ricoperte da gengiva, eventuali formazioni all’interno dell’osso come granulomi e cisti, e ricavare numerosi indizi (prima di vedere TAC/Cone Beam) come la presenza di una quantità di osso sufficiente per un impianto, la posizione del nervo mandibolare per identificare l’area nella quale operare durante interventi chirurgici, il percorso che segue una frattura ossea, e non solo.